Da quando mi sono esposto col primo articolo su “Tempi” come omosessuale cattolico fra le Sentinelle in Piedi (chi mi conosce sa quanto non ami questa etichetta, come nessuna etichetta in generale, ma per capirci…), quasi istantaneamente ho smesso di parlare in pubblico di temi a me molto cari, come il lavoro, il precariato e la ricerca del proprio posto nel mondo in questo tempo di crisi. Temi che avevo affrontato col mio romanzo “Io sto con Marta!” e che fino a quel momento erano stati parte integrante della missione che sentivo mi era stata affidata: aiutare le persone a credere nella speranza in un tempo in cui essa viene quotidianamente coperta o ignorata.
All’inizio, contrariamente a
quanto alcuni hanno creduto, la cosa un po’ mi ha addolorato. Il miracolo
editoriale di Marta, da prodotto del selfpublishing a libro Mondadori, era
significato molto per me e per tanti. Amavo girare nelle scuole per incitare i
ragazzi a credere nei loro sogni, a cercare il progetto iscritto nella loro
vita, a non accontentarsi di soluzioni facili. E invece a un tratto, l’unica
cosa di cui sembrava si potesse parlare era l’omosessualità: da dove viene, che
senso ha, come la si può vivere da cristiano.
Poi ho capito che le due esperienze,
come scrittore e come “testimone”, non erano in contrapposizione. Infatti, la ragione
che mi aveva spinto a scrivere Marta era la stessa che mi spingeva a raccontare
la mia storia personale: aiutare le persone a credere in quella Speranza che
aveva dato senso alla mia vita. Qualcosa che non può essere simulato: la gioia
di una vita che valga la pena, pur con tutte le sue fatiche, brutture e
meschinità.
So che qualcuno la considererà
una visione limitata, ma sono sempre stato convinto che uno scrittore,
soprattutto se si dice Cristiano, abbia la responsabilità di raccontare questa Speranza
nelle diverse forme in cui egli stesso l’ha sperimentata, perché altri la
possano vivere attraverso le sue parole, e cercarla nelle pieghe della loro
esistenza, lì dove si nasconde. Essa può quindi essere raccontata in molti
modi, anche quando scrittori non lo si è affatto.
La racconti da uomo, quando provi
ad asciugare le lacrime dei fratelli che piangono le tue stesse ferite,
mostrando loro quanta vita quelle ferite hanno generato in te; o da insegnante,
quando inciti una classe di ragazzini a riconoscere la meraviglia che portano
dentro e di cui ancora non sono consapevoli; la racconti mentre vendi borse, alle
tue colleghe sfruttate cui qualcuno vuole negare di essere vive; la racconti persino
mentre riempi coni gelato insieme a ragazzi cui nessuno ricorda che sono degni
di una vita al di là del bancone dietro al quale lavorano.
La tua vita stessa può diventare la
storia che meglio racconta la Speranza: gesti, parole… tutto. Per la Speranza
infatti non ci sono luoghi inadeguati ad accoglierla o uditori troppo piccoli
per ascoltarla. Il gruppetto giovani di una parrocchia sarà adatto quanto la
piazza di una manifestazione nazionale; un cinema pieno di persone, quanto una serata
di confidenze con un singolo amico. Si adatta a tutto, si trova ovunque, ed è
riconoscibile da ogni uomo che abbia l’onestà di cercarla.
Persino quando ti perdi, al fondo
della tua miseria, quando vendi te stesso per un abbraccio o una carezza o
semplicemente per un attimo di piacere; quando tutto finisce, e torni in te,
consapevole di avere smarrito ancora una volta la strada, e al tempo stesso di
non essere stati smarriti da Chi è la Strada, persino allora capita che Dio ti
dia un’occasione per raccontarla, la Speranza. La stessa che avevi dimenticato fino
a un attimo prima, e che ora ti porta ad accorgerti della persona che hai
accanto, smarrita come te, e che per qualche ora avevi smesso di guardare come
tale.
Per tutto questo, nasce Liberi di Amare.
Negli ultimi tre anni, dalla
prima uscita online di “Io sto con Marta!”, molte cose sono state pubblicate su
di me, molte delle quali, scritte di mio pugno. Sulla mia esperienza come
persona di fede con tendenze omosessuali, ma non solo. Da qui l’esigenza di uno
spazio unico, che metta insieme tutto, e al tempo stesso che diventi un luogo
virtuale dal quale poter raccontare la Speranza di questa Vita nelle sue
diverse forme; in ogni modo in cui è possibile raccontarlo, con ogni testimone
che vorrà rendersi disponibile a farlo.
Liberi di Amare è un titolo che vuole essere un augurio e un
programma, per chi legge, come per chi vi sta scrivendo. Ciò che voglio
raccontare attraverso questa pagina, così come attraverso i libri, gli articoli,
e ogni singolo giorno della mia esistenza: il sogno di Dio per ciascuno di noi
di poter vivere il dono di un amore che libera e che aiuta altri ad essere
liberi. Un amore che sia autentico: quello che “dà la vita per i propri amici”.
Senza scoraggiarsi per il fatto di non esserne mai pienamente all’altezza.
Perché un dono, quando è vero, è gratis. Non bisogna esserne all’altezza. Solo
occuparsi di viverlo appieno.
A chi ci crede e a chi ancora no,
non smettete di cercare la Speranza nella vostra vita.
Voi siete meravigliosi.
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