Fra i più di sessanta incontri fatti in giro per l'Italia l'anno scorso, mi è capitato più di una volta di girare per promuovere un film documentario dai creatori di "Terra di Maria" (capolavoro, se non lo avete ancora visto, fatelo!) che molto ha a che vedere con la mia storia personale. Si tratta del film "Dio esce allo scoperto", nato un paio di anni fa in Spagna e di cui da poco è finalmente uscito il DVD distribuito in tutte le librerie San Paolo (non alle Paoline), e ordinabile anche sullo store di infinitomasuno a questo link. Qui di seguito pubblico la recensione che scrissi in merito per La Croce e che fu ripubblicata da Costanza Miriano.
Libri, film, o spettacoli, chi mi
conosce sa che io non parlo mai di qualcosa che non abbia visto e che non mi
sia personalmente piaciuto, così come non ho mai chiesto a nessuno di
promuovere un mio romanzo senza averlo prima letto. È perciò con estrema
convinzione che oggi vi parlo di questo film che per me andrebbe proiettato in
ogni sala pubblica e privata dello Stivale, dalle Alpi a Pantelleria, perché tutti
possano vederlo.
Dio esce allo scoperto è un documentario che ripercorre la vita di
Ruben, uomo messicano che per essere vissuto in una famiglia dalla quale non si
è mai sentito accolto (scoprirà troppo presto il tragico motivo), deciderà di
voltare le spalle a Dio, incolpandoLo del male subito e sperimentando ogni tipo
di strada offerta dalla società moderna per la “realizzazione di sé”. Questa
scelta farà precipitare Ruben in una spirale sempre più profonda di
disperazione: dal sesso occasionale, alla prostituzione, fino alla perdita
dell’identità. Un passo dopo l’altro, una caduta dopo l’altra, Ruben percorrerà
tutti i gironi dell’inferno fino a toccarne e il fondo.
E sarà lì, al fondo dell’inferno, che Dio verrà a
riprenderselo.
Fin qui nulla di strano. Nella sua essenza, la
storia di Ruben è la storia di tutti: nascita, morte, resurrezione.
E già questo basterebbe a spiegare perché,
secondo me, questo film andrebbe visto da chiunque. Indifferentemente da quale
sia l’origine del vostro male, infatti, ciò che realmente conta è che quel male
non è mai né l’unica, né l’ultima parola su di voi.
C’è però un’altra ragione, e non è meno
importante della prima.
Ruben ha tendenze omosessuali.
Sì, avete capito bene: questa è una motivazione
per cui tutti farebbero bene a
guardare questo film.
Tutti, non solo gli omosessuali.
E arriviamo al punto: il dolore delle persone che
hanno problemi di identità sessuale, riguarda solo queste
persone? Semplifico la domanda: il dolore di ciascuno è affare solo suo?
Io non credo. E non solo io, a quanto pare, almeno
secondo quanto riportato dall’allora cardinale Ratzinger nella Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica
sulla cura pastorale delle persone omosessuali (a questo link il testointegrale).
Cito: “Nella
Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale del 1975, la Congregazione
per la Dottrina della Fede aveva sottolineato il dovere di cercare di
comprendere la condizione omosessuale. […] Ma occorre chiarire bene che ogni
allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella
preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica
attenzione né di valida pastorale. […] Un programma pastorale autentico aiuterà
le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale […]. In tal
modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione
ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro la
delusione e l’isolamento”.
Capite? “L’intera comunità cristiana”. Il dolore
di chiunque non è mai affare solo suo. Non nella Chiesa almeno. Non in quella
che dovrebbe essere immagine della Nuova Umanità.
Siamo nel 1986, e da allora questa è rimasta per
lo più lettera morta, salvo tentativi eroici di singoli pastori illuminati, o
semplicemente armati di buona volontà.
Ma la buona volontà non è sempre sufficiente.
Bisogna anche fornire gli strumenti, non solo spirituali, ma anche psicologici
e umani perché i pastori e le comunità possano capire davvero e in maniera
adeguata la situazione e il dolore di chi ha tendenze omosessuali, per potere
aiutare nel modo giusto questi fratelli, prima di tutto senza lasciarli soli.
Sia chiaro: il mio non è un inno al “volemose
bene”, né un voler porre l’accento sul dolore delle persone omosessuali come se
fosse più grande di altri. Però un conto è sopravvalutare un disagio, come
cerca di fare oggi la società civile, un conto è ignorarlo come se non
esistesse.
Non siete ancora convinti? Parliamo allora del
signor Charamsa (Krzysztof Charamsa,
teologo, e sacerdote divenuto famoso nel 2015 per aver dichiarato di avere una
relazione con un uomo da anni n.d.r.).
Le sue dichiarazioni hanno confuso e
scandalizzato molti, me compreso. E tuttavia, se davanti a episodi del genere
continueremo solo a scandalizzarci per poi voltarci dall’altra parte, temo che
i signori Charamsa nella Chiesa non faranno altro che proliferare.
Non voglio giustificarlo: Charamsa è un teologo e
quindi possiede tutti gli strumenti culturali e intellettuali per sapere che
quando dice che “la Chiesa chiede ai suoi figli omosessuali di rinunciare alla
vita amorosa”, sta dicendo una pura menzogna.
Soffermarsi però solo su questo o sul fatto che
il celibato è richiesto a tutti i sacerdoti e che “be’, quando lui si è fatto
prete lo sapeva”, vuol dire ancora una volta ignorare il problema di fondo che
questa storia porta alla luce, e cioè che le persone che vivono situazioni di
omosessualità nella Chiesa, e magari vorrebbero vivere secondo il vangelo e la
loro natura di uomini e donne, vengono ad oggi lasciate sole, esposte così a
tentazioni peggiori. Sacerdoti compresi.
Con tanti saluti alla lettera pastorale.
È un dato di fatto: di fronte all’assordante
silenzio della Chiesa su questi temi, purtroppo i suoi figli confusi vanno
cercando risposte da altre parti. E quelle risposte non sono difficili da
trovare, poiché vengono gridate in tutte le piazze, fisiche e virtuali, da
oltre trent’anni.
Ammettiamolo, non possiamo scandalizzarci di
Charamsa, senza scandalizzarci di noi stessi e della nostra indifferenza verso
un problema che abbiamo volutamente fatto finta di non vedere, per molto,
troppo tempo. Dopotutto la Chiesa siamo noi, no?
Per fortuna oggi ci viene data un’opportunità in
più per fare qualcosa di diverso. Vogliamo davvero che “l’intera comunità
cristiana possa giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi
suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro la delusione e l’isolamento”?
Se lo vogliamo, se lo volete voi che state
leggendo, prenotate Dio Esce allo Scoperto, guardatelo con i vostri
parroci, mostratelo ai vostri educatori.
Una testimonianza di vita che in un’ora e mezza
pone luce sia sulle ferite legate all’omosessualità che su quelle legate alla
transessualità, ma che soprattutto, al di là della storia specifica di Ruben,
mostra una grande speranza, una via possibile per tutti quei fratelli che
vogliono vivere nella Chiesa e che da essa si sono allontanati, convinti che
qui non ci fosse un posto per loro.
Una via che nel concreto può passare anche da
Courage, l’unica realtà ufficiale nella Chiesa (e sottolineo
unica, niente a che vedere con i sedicenti
gruppi “gay cattolici”), che si occupa di aiutare le persone omosessuali a
vivere secondo il Magistero in castità, rispettando la natura del proprio
corpo. (Voluta da Giovanni Paolo II
trentacinque anni fa, Courage purtroppo non è un cammino psicologico, ma solo
spirituale, almeno in Italia. Tuttavia esso si fonda su una visione dell’uomo
che è quella che il Vangelo e l’evidenza naturale ci consegnano: non omo e
etero, ma uomo e donna. Una realtà di cui Ruben fa parte attivamente oggi, andando
persino a fare apostolato nei locali gay, in uno Stato in cui i membri di
questa organizzazione non hanno paura di testimoniare ciò che Dio ha fatto per
loro. N.d.r.).
Parlo a te che stai leggendo ora e che magari hai
un fratello che ti ha confidato il suo dolore e non sai come aiutarlo; o a te
che sei un sacerdote e ti chiedi come si possa parlare al tuo parrocchiano che
confessandosi piange l’ennesimo rapporto col suo ragazzo; o a te che vivi il
turbamento di non capire cosa stia passando tuo figlio e ti rendi conto che
forse qualcosa te lo sei perso per strada; o a te che vorresti amare i tuoi
amici con attrazione omosessuale senza farli sentire rifiutati, ma senza dover
rinunciare a testimoniare la tua fede; o a te che vorresti vivere la tua
vocazione di castità e combatti contro pulsioni che fatichi a dominare,
nonostante il tuo volere: guardate Dio
esce allo scoperto.
La storia di Ruben.
La storia di un omosessuale, di un peccatore, di
un figlio di Dio amato.
La storia di un uomo.
La storia di ciascuno di noi
***
Per chi fosse interessato a maggiori informazioni sull'omosessualità da un punto di vista psicologico consiglio di leggere i libri di Richard Cohen o di Joseph Nicolosi. Due voci fuori dal coro per chi non ritiene sufficienti le risposte veicolate a livello globale dagli anni '70 in poi.
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