sabato 20 luglio 2019

"UN UOMO A META'" racconto pubblicato per la rivista Il Timone. Luglio 2019


La rivista "Il Timone" ha chiesto a me e ad alcuni altri autori un racconto breve che parlasse di Vita e celebrasse il cinquantesimo dell'Allunaggio. Ripubblico qui per voi il contenuto del racconto che è stato pubblicato sull'edizione online lo scorso 16 Luglio.


1962. Sera. Circolo degli Ufficiali.

“Vieni?”
La donna fissa la mano protesa verso di lei con schifo, senza alzare gli occhi. Tiene le braccia conserte sotto il seno, fasciate nei lunghi guanti di seta. Poi volge lo sguardo oltre la pista da ballo, su nel cielo. L’orchestra sta per attaccare un altro pezzo.
“Amore…” insiste lui. “Ti prego”.
Non cede. Sa che non può. Sa che se lo guarderà finirà col perdonarlo ancora. E lei non vuole.
Vittorio non la biasima. Se fosse un uomo tutto d’un pezzo la lascerebbe andare a qualcuno di migliore.
Ma lui non è un uomo tutto d’un pezzo.
Qualcosa in lui è rimasto spezzato, a metà. Come quella luna che brilla nel cielo nero. L’uomo segue lo sguardo della moglie e la vede.
In guerra la fissava spesso, pensando a lei.
Quando è tornato, Susanna è stata il suo respiro, dopo quei cinque anni in cui aveva trattenuto il fiato. Un respiro che lui aveva sporcato col puzzo d’alcool e con l’odore di altre donne. Eppure sa di amarla. Anche adesso che l’ha tradita di nuovo.
Glielo ha detto ora che è sobrio, per evitare una scenata. Non sopporta quando lei grida: lo fa ammattire e poi perde il controllo. E non vuole farle male di nuovo.
Così glielo ha detto e ora la invita a ballare, come se niente fosse.
Un uomo a metà. Un mezzo uomo. Questo è.
“Sono incinta”.
Le parole arrivano come uno schiaffo. Si volta di scatto e prima che abbia il tempo di capire, lei ha afferrato la sua mano e ora stanno già ballando. Guancia a guancia, ognuno guarda dritto oltre le spalle dell’altro: vicini e distanti a un tempo.
Mentre il corpo di Vittorio si muove da solo, tutto il suo universo si concentra in quei pochi centimetri di seta, taffetà e carne che sente premere contro il suo addome: lì avvolto in uno scrigno, il suo bimbo vive già.
Un miracolo che non merita.
“Prometto” sussurra. “È l’ultima volta”.
Lei si asciuga in fretta una lacrima. “Dovrà esserlo” dice. “Domani andiamo dal medico”.
L’uomo guarda lo spicchio che si riflette sul nero del mare. “Prometto” ripete.
Il medico non è per il bambino.


1969. Notte. Casa di Vittorio e Susanna.

Mentre corre a piedi scalzi verso il salotto, sente la canottiera appiccicata al corpicino della figlia. Quest’anno il caldo li ha raggiunti fino in montagna, dove si rifugiano da quando sono sposati.
Susanna è seduta sul divano, solo in camicia da notte. Il suo profilo è una silhouette di luce nel riverbero del televisore. “Era sveglia?” chiede voltandosi.
“Quasi” dice lui con un sorriso, affondando nei cuscini vecchi.
“A che punto sono?” mugola la piccola.
“Stanno per aprire il portello” dice la madre.
La bambina solleva la testa dalla spalla di lui e si volta a guardare. “Ma è proprio tutto vero, papà?”
“Sì, tesoro”.
“Quindi è così che è fatta? Quello che non si vede?”
“Pare di sì”.
Nessuno parla più per un po’, mentre assistono ipnotizzati.
“È bellissima” dice a un tratto la piccola. Il commento più appropriato. 
Per la prima volta un essere umano sta camminando sulla Luna.
Vittorio guarda la figlia, ora sveglia e ritta come un fuso in mezzo a loro, che fissa lo schermo. Poi guarda sua moglie.
“Sì, lo è” dice, commosso.
Susanna si volta e gli sorride, mentre il traduttore riporta la frase dell’astronauta a centinaia di migliaia di chilometri sopra le loro teste: “Un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’umanità”.
Vittorio capisce: sì, anche per loro è stato così.
Stress post traumatico, aveva detto il medico. Le prescrivo delle gocce, tutti i giorni.
Poche gocce: una piccola cosa, un piccolo passo, e tutto era cambiato.
Gli incubi si erano fermati, i ricordi non lo tormentavano più. Niente più alcool, o sesso per stordirsi, per fuggire. Ancora una volta lei lo aveva salvato.
Vittorio prende la mano di lei e insieme la poggiano sulla schiena della piccola. La moglie sospira tornando a guardare lo schermo.
Era per quello che lei lo perdonava sempre. Lei sapeva.
La finestra è aperta. L’uomo vede fuori quel disco spezzato in cielo e per la prima volta ne distingue i contorni in ombra, persi nel buio.
Anche lui non era davvero spezzato, anche lui aveva perso nel buio una parte di sé. Susanna era stata l’unica a riuscire a guardare in quel buio, per riportarlo alla luce
L’unica ad aver camminato lì dove nessun altro era mai arrivato. Lì dove nessun altro poteva arrivare.


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