La rivista "Il Timone" ha chiesto a me e ad alcuni altri autori un racconto breve che parlasse di Vita e celebrasse il cinquantesimo dell'Allunaggio. Ripubblico qui per voi il contenuto del racconto che è stato pubblicato sull'edizione online lo scorso 16 Luglio.
1962. Sera. Circolo degli Ufficiali.
“Vieni?”
La donna fissa
la mano protesa verso di lei con schifo, senza alzare gli occhi. Tiene le
braccia conserte sotto il seno, fasciate nei lunghi guanti di seta. Poi volge lo
sguardo oltre la pista da ballo, su nel cielo. L’orchestra sta per attaccare un
altro pezzo.
“Amore…”
insiste lui. “Ti prego”.
Non cede. Sa
che non può. Sa che se lo guarderà finirà col perdonarlo ancora. E lei non
vuole.
Vittorio non
la biasima. Se fosse un uomo tutto d’un pezzo la lascerebbe andare a qualcuno
di migliore.
Ma lui non è
un uomo tutto d’un pezzo.
Qualcosa in
lui è rimasto spezzato, a metà. Come
quella luna che brilla nel cielo nero. L’uomo segue lo sguardo della moglie e
la vede.
In guerra la
fissava spesso, pensando a lei.
Quando è
tornato, Susanna è stata il suo respiro, dopo quei cinque anni in cui aveva
trattenuto il fiato. Un respiro che lui aveva sporcato col puzzo d’alcool e con
l’odore di altre donne. Eppure sa di amarla. Anche adesso che l’ha tradita di
nuovo.
Glielo ha
detto ora che è sobrio, per evitare una scenata. Non sopporta quando lei grida:
lo fa ammattire e poi perde il controllo. E non vuole farle male di nuovo.
Così glielo ha
detto e ora la invita a ballare, come se niente fosse.
Un uomo a
metà. Un mezzo uomo. Questo è.
“Sono
incinta”.
Le parole
arrivano come uno schiaffo. Si volta di scatto e prima che abbia il tempo di
capire, lei ha afferrato la sua mano e ora stanno già ballando. Guancia a
guancia, ognuno guarda dritto oltre le spalle dell’altro: vicini e distanti a
un tempo.
Mentre il
corpo di Vittorio si muove da solo, tutto il suo universo si concentra in quei
pochi centimetri di seta, taffetà e carne che sente premere contro il suo addome:
lì avvolto in uno scrigno, il suo bimbo vive
già.
Un miracolo che
non merita.
“Prometto”
sussurra. “È l’ultima volta”.
Lei si asciuga
in fretta una lacrima. “Dovrà esserlo” dice. “Domani andiamo dal medico”.
L’uomo guarda lo
spicchio che si riflette sul nero del mare. “Prometto” ripete.
Il medico non
è per il bambino.
1969. Notte. Casa di Vittorio e Susanna.
Mentre corre a
piedi scalzi verso il salotto, sente la canottiera appiccicata al corpicino
della figlia. Quest’anno il caldo li ha raggiunti fino in montagna, dove si
rifugiano da quando sono sposati.
Susanna è
seduta sul divano, solo in camicia da notte. Il suo profilo è una silhouette di
luce nel riverbero del televisore. “Era sveglia?” chiede voltandosi.
“Quasi” dice
lui con un sorriso, affondando nei cuscini vecchi.
“A che punto
sono?” mugola la piccola.
“Stanno per
aprire il portello” dice la madre.
La bambina
solleva la testa dalla spalla di lui e si volta a guardare. “Ma è proprio tutto
vero, papà?”
“Sì, tesoro”.
“Quindi è così
che è fatta? Quello che non si vede?”
“Pare di sì”.
Nessuno parla
più per un po’, mentre assistono ipnotizzati.
“È bellissima”
dice a un tratto la piccola. Il commento
più appropriato.
Per la prima volta un essere umano sta camminando sulla Luna.
Vittorio
guarda la figlia, ora sveglia e ritta come un fuso in mezzo a loro, che fissa
lo schermo. Poi guarda sua moglie.
“Sì, lo è”
dice, commosso.
Susanna si
volta e gli sorride, mentre il traduttore riporta la frase dell’astronauta a
centinaia di migliaia di chilometri sopra le loro teste: “Un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’umanità”.
Vittorio
capisce: sì, anche per loro è stato così.
Stress post traumatico, aveva detto il
medico. Le prescrivo delle gocce, tutti i
giorni.
Poche gocce: una
piccola cosa, un piccolo passo, e tutto era cambiato.
Gli incubi si
erano fermati, i ricordi non lo tormentavano più. Niente più alcool, o sesso
per stordirsi, per fuggire. Ancora una volta lei lo aveva salvato.
Vittorio
prende la mano di lei e insieme la poggiano sulla schiena della piccola. La
moglie sospira tornando a guardare lo schermo.
Era per quello
che lei lo perdonava sempre. Lei sapeva.
La finestra è
aperta. L’uomo vede fuori quel disco spezzato in cielo e per la prima volta ne distingue
i contorni in ombra, persi nel buio.
Anche lui non
era davvero spezzato, anche lui aveva perso nel buio una parte di sé. Susanna
era stata l’unica a riuscire a guardare in quel buio, per riportarlo alla luce
L’unica ad
aver camminato lì dove nessun altro era mai arrivato. Lì dove nessun altro poteva arrivare.
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