giovedì 28 ottobre 2021

"NON SEDERTI, RIALZATI, NON RIMPIANGERE IL PASSATO". Ultimo omaggio a una pittrice che ha fatto della sua vita un'opera d'arte. ANNA MARIA BRUCATO SARZANA: mia nonna.


In questo articolo le immagini sono fra le pochissime esistenti online di alcune delle centinaia
di quadri su vetro che in vent'anni di carriera, fra il 1975 e il 2000,
mia nonna 
ha dipinto e venduto fra Palermo, Roma, Milano, Parigi e Londra.

Mia nonna non ha mai voluto sedersi in vita sua. Mai.

Ad ogni festa, cena, compleanno, ricorrenza dovevi implorarla per farla stare seduta. "Dopo, dopo. Sto bene così". Persino quando ha iniziato a trascorrere più tempo in casa, quando doveva dipendere da qualcuno che la portasse in giro con la macchina per avere una vita sociale (cui non ha mai rinunciato fino a due anni fa), anche allora non osava sedersi, passando le ore a camminare avanti e indietro per il salotto per "non fare atrofizzare i muscoli delle gambe".

"Altrimenti è un attimo", diceva, "e ti ritrovi come quelle vecchie che non riescono a muoversi più". 

Aveva ragione, naturalmente. Lei, "vecchia", non lo è stata mai. Per questo molti la invidiavano. 

Tutti quelli che non ne restavano incantati, naturalmente. E non era difficile che accadesse. 

Avanti e indietro, avanti e indietro... Ha continuato ad andare al mare fino a 94 anni, come a cucinare, a fare cene, a giocare a burraco e a seguire i concerti al Teatro Politeama. Persino a disegnare finché ha potuto. Avanti e indietro, avanti e indietro... nel salotto, come nella vita. E certo, con tutto quel correre era un attimo mettere un piede storto e cadere. 

E infatti mia nonna cadeva.

Eh sì: di faccia, di fianco, sui gomiti… è caduta talmente tante di quelle volte negli ultimi dieci anni che ad oggi avrebbero potuto nominarla campionessa mondiale di 'triplo tuffo carpiato sul pavimento'. L'hanno persino investita una volta, proprio davanti la nostra parrocchia: quella chiesa che l'ha vista nascere, battezzarsi, fidanzarsi, diventare madre, nonna, poi bisnonna e che infine martedì le ha dato l'ultimo saluto.

Be' quella chiesa l'ha vista anche cadere molte volte.

Eppure ciò che ha sempre colpito tutti noi non era quante volte cadesse, ma come ogni volta riuscisse a rialzarsi senza un graffio. Ogni volta. 

Io per uno scivolone di tre mesi fa ho dolori ancora adesso. 

Ma lei no: non un graffio, né un lamento. 

Perché mia nonna era anche una che non piangeva. 

"Io potevo fare la regina" diceva. "Perché una regina non piange mai" (su questo aveva una specie di competizione personale con Elisabetta di Inghilterra, della quale era più grande di un anno, ma tant'è... nonna, alla fine quella ha battuto anche te!).  

In compenso sapeva ridere. Di gusto, di tutto, sempre.

D'altra parte aveva ragione a pensare di poter competere con una regina. Anche lei infatti era nobile, e non solo perché baronessa, ma perché nobile di una nobiltà che non si insegna e non è data dai titoli. 

Lei era una vera signora

Diventata pittrice di successo a cinquant'anni, per sfida, inventrice di una tecnica di pittura su vetro mai tentata prima, mia nonna detestava la mancanza di decoro e la vigliaccheria. Era brillante, bellissima, di una intelligenza sopraffina e con un carattere di fronte al quale i prepotenti e i mafiosi fuggivano. O restavano innamorati.

Eppure nel suo matrimonio aveva saputo farsi debole quando serviva, almeno in apparenza, per amore di un uomo che l'ha amata fino all'ultimo istante di vita. Ha dato la vita rinunciando a volte al suo amor proprio, perché i suoi figli potessero avere ciò che lei riteneva più importante di sé stessa: una famiglia unita. E perché imparassero da lei la capacità di non arrendersi mai. 

Non a caso lei è la donna che ci ha insegnato uno dei segreti dell'amore: "tre parole: pazienza, pazienza, pazienza". E i frutti nel tempo le hanno dato ragione: mia madre, mio zio, e con lei tutti noi, i suoi nipoti, le sue gioie, abbiamo goduto di questo amore sopravvissuto alle tempeste e diventato per questo fonte solo di gioia. Lei e mio nonno sono stati una delle coppie più belle che io abbia mai conosciuto, ma hanno passato anni di grande fatica: il trauma della guerra, le ferite reciproche, la perdita di un figlio... 

La vita non ha risparmiato loro il suo carico di sofferenza. E di certo non è che mia nonna non abbia sofferto. Tuttavia, come ogni volta, anche nella vita mia nonna si è sempre rialzata come nulla fosse, più forte di prima, senza versare una lacrima. Quando penso a come lei e mio nonno hanno vissuto, capisco il senso di ciò che dice san Paolo: tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8, 28).

Tutto. Anche la morte. Non importa quanto dolore possa capitarti: non sederti, rialzati, non perdere tempo a piangere ciò che non c'è più. Perché Dio è buono, e il meglio deve ancora venire.

So che tutte queste cose potrebbero far pensare a una persona dura. Per qualcuno poteva a volte apparire superficiale: la sua era una fede semplice e concreta, come tutto ciò che faceva, ma certamente lei non era una donna semplice con cui avere a che fare, come tutti coloro che pretendono molto da sé stessi.

Forse chi non l'ha conosciuta dalle mie parole potrebbe persino pensare che fosse una di quegli anziani cinici, ossessionati dalla cura di sé, magari in fuga dalla vecchiaia. 

Ma non è così. 

La vecchiaia non l'ha mai raggiunta, semplicemente perché lei non la stava fuggendo. Direi che mia nonna ha danzato con lei per anni e anni, mostrando al mondo la bellezza di una vita piena, vissuta con ogni goccia di sé stessi, fino all'ultimo istante, senza mai permettere al dolore di avere l'ultima parola e celebrando la bellezza in tutte le sue forme, rughe e solitudine comprese. Figlia di un mondo che non esisteva più, con la sua presenza lei lo ha mantenuto in vita ricercandone gli ultimi barlumi di bellezza nel presente, senza mai rimpiangere i 'bei tempi andati', ma facendo del tempo che aveva da vivere il migliore possibile.

Fino alla fine.

Ed è per questo che oggi voglio dirti grazie, nonna: per avere mostrato a me, a noi fratelli, a nostra madre, a tutti quelli che ti hanno incrociata almeno una volta sul loro cammino,  come stare nella vita a testa alta. Lo hai detto a noi e lo hai mostrato a a chiunque abbia visto un tuo quadro, o solo per il tempo di un pranzo abbia goduto del tuo cibo come dei tuoi racconti. Ma soprattutto grazie per avermi indicato come gioire di ciò che si ha, finché il Signore ci dà la grazia di averlo.

Ho pianto tanto, sai? Io non sono come te. Ma non ho timore di piangere, so che tu lo capirai. È stupendo farlo con chi ti ha amato, ma soprattutto è stato amato da te, sapendo che in realtà nessuno di noi ha altro motivo per versare una lacrima che non sia la gratitudine nei confronti di Dio per il dono di così tanti anni di questa tua vita piena della Sua bellezza.

Vai nonna, e goditi il concerto dell’eternità; so che il nonno non aspettava altro che te per ballare ancora questo ultimo walzer.

E forse, dopo, finalmente ti siederai.






Mia nonna poco più che ventenne, con mia madre e mio zio. 


Una delle poche foto insieme. Pasqua 2017. Qui mia nonna aveva 'solo' 92 anni.

mercoledì 27 ottobre 2021

QUATTRO ANZIANI DUE CANI E UNA PROSTITUTA - Dopo 7 anni da "Io sto con Marta!" una nuova storia di speranza su come non sia mai troppo tardi per dare una svolta alla propria vita!

Una farmacista single ex sessantottina, un pensionato che parla con la moglie morta, un settantenne latin lover ossessionato dalla sua pancia, e una perfetta 
sciura di chiesa con inconfessabili fantasie sessuali e un’ironia dissacrante, si ritrovano ad essere i protagonisti della più rocambolesca avventura che abbia mai visto coinvolti quattro pensionati.

Per aiutare la ragazza a pagare il suo debito con la malavita, i quattro dovranno affrontare boss, improvvisarsi ladri e soprattutto riuscire nella sfida più grande di tutte: imparare ad andare d’accordo! La Congiura dei Pensionati è il primo capitolo di una commedia brillante che vi farà ridere e commuovere, riflettere e restare col fiato sospeso. Una storia sulle risorse che si nascondono in ognuno di noi e sul diritto di esistere di tutti quelli che il mondo vorrebbe dimenticare. 

Perché in fondo non è mai troppo tardi per cambiare la propria vita. 

Anche a settant’anni!

Dopo 7 anni da "Io sto con Marta!" (Mondadori), esce il mio nuovo romanzo comico in parti: "Quattro Anziani due Cani e una Prostituta". Una nuova storia di speranza sulla terza età, sull'amicizia e sul valore che hanno tutte le esistenze.
Anche quelle che il mondo vorrebbe dimenticare.

Potete ordinarlo in cartaceo o in formato digitale a questo link (dove trovate anche gli altri miei romanzi).

Se vi piacerà, condividete, commentate, recensite e fate stories con il libro! Aiutatemi a farlo salire in classifica come nel 2015 avete fatto con "Io sto con Marta!".

Senza di voi non si può fare!

PER QUALSIASI INFORMAZIONE SU COME ACQUISTARE IL PRIMO ATTO DEL ROMANZO O SU COME PRENOTARE IL SECONDO ATTO GUARDA IL VIDEO DI PRESENTAZIONE QUI SOTTO!
 

venerdì 6 agosto 2021

SOTTO IL CIELO DELLA PALESTINA - Nessun uomo è fatto per soffrire. Finalmente in un unico volume la raccolta completa


 
Dopo aver toccato il cuore di più di duemila lettori, le tre storie di Sotto il Cielo della Palestina vengono finalmente riunite in un’unica raccolta. Una donna senza figli intrappolata in un matrimonio infelice; un uomo senza famiglia che vive per la moglie; un bambino senza padre che conta sull’amico del cuore, cercando di non fare pesare alla madre il fatto di non sentirsi come gli altri. Tre vite mancanti di qualcosa, tre esistenze della più comune - e infelice - normalità, diventate immortali grazie a un incontro che ne ha cambiato le sorti per sempre: quel singolo giorno in cui i loro passi si sono incrociati per caso con quelli di un forestiero destinato a diventare l’uomo più influente della Storia. 

Yokabe, Giairo e Levi sono storie di oggi accadute duemila anni fa. Tre universi differenti, legati da un unico filo rosso: la speranza che ogni uomo ha di trovare un senso a ciò che vive, l’amore che lega gli essere umani gli uni agli altri, la consapevolezza che le vite degli ultimi non sono dimenticate e che anche l’esistenza più piccola può cambiare il destino dell’umanità intera.


SOTTO IL CIELO DELLA PALESTINA è acquistabile in formato cartaceo sia su Amazon in qualsiasi libreria del circuito Mondadori e Feltrinelli sotto l'etichetta "Youcanprint".







domenica 14 marzo 2021

IL SEME DI MELA - Piccola storia su come ho scoperto di non essere Dio (per fortuna).


L'anno scorso ho piantato per gioco un seme di mela in un vaso insieme a dei semi di peperoncino. Il mio obiettivo era il peperoncino, non certo la mela. Eppure inaspettatamente fu proprio il seme di mela l'unico a germogliare.

Nel giro di un mese venne su un bell'alberello con sette foglie. Ero molto fiero del mio piccolo melo. Avevo imparato a conoscerlo, scoprendo che troppa
acqua lo affaticava e che in realtà lui stava bene se lo si lasciava in pace a prendere sole e pioggia senza particolari attenzioni.
Poi è venuta l'estate e sperando di fare bene l'ho lasciato ai vicini.
Fine del melo.
Così a settembre quando mi sono trovato un melo morto, e una piantagione di funghi nello stesso vaso (a testimonianza di quanta luce aveva preso il mio povero alberello) ho deciso di ripetere il miracolo e ho iniziato a disseminare ovunque semi di mela innaffiandoli costantemente.
Nulla. Non c'era più luce, non c'era più caldo. Il miracolo non poteva avvenire.
Sono passati mesi durante i quali ho protetto in casa i basilici nati per caso dai semi di quelli morti prima dell'estate, mentre fuori la neve, il vento e il resto spazzavano i vasi e le erbe spontanee, uniche superstiti insieme alla menta.
L'altra mattina sono uscito sul balcone per guardare la mia menta e... Eccoli lì: i semi di mela erano germogliati. Non uno, non due, ma tre in due vasi diversi. Nemmeno ricordavo più di averli piantati lì.
Ecco, so che è banale la metafora, ma ammetto che nel coltivare le piante, così come nel fare il pane, è stupendo riscoprire con la concretezza dell'esperienza il senso di quelle parole che Gesù usava per spiegare il regno di Dio ai suoi discepoli. A noi.
«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura». (Mc 4, 26-32)
È proprio vero: la nostra vita, così come la missione che Dio ci ha dato, sono così. Ti dai tanto da fare, fatichi, progetti e ti convinci di fare tutto al meglio nell'illusione di essere tu a costringere il seme a germogliare. Di essere tu a generare il miracolo. Ma è solo un'illusione. Se non è il tempo, nulla crescerà.
Il miracolo non lo fai tu. Perché tu non sei Dio.
Tu sei solo un servo. Uno strumento. Puoi solo provare a creare le condizioni migliori: se non semini nulla cresce. Ma se semini, non sarà questo ad autorizzarti a pretendere che cresca qualcosa.
A volte nella nostra vita è così: ho amato così tanto quel figlio eppure lui sta male lo stesso e magari mi odia pure; ho fatto tutti i corsi sull'affettività, e invece sono ancora qui a quarant'anni solo come un cane; ho insegnato tutto quello che sapevo ai miei studenti, eppure nessuno sembra aver imparato niente; ho fatto tutto ciò che ho potuto per quel sogno, quel progetto, quella missione che Dio mi aveva dato, ma non ho ottenuto nulla; ho usato le parole migliori, ho pensato ogni singolo dettaglio per portare Cristo agli altri, e invece nessuno mi ha creduto.
Ho seminato, innaffiato, irrogato, ma nulla germoglia.
E poi quando hai smesso di pensarci, quando ti arrendi all'evidenza del fatto che tu non hai potere sulla vita, ecco che la Vita si manifesta.
E arriva ciò che speravi. E spesso arriva quello che non osavi nemmeno sperare: pianti peperoncino e ti arriva un albero di mele.
La Vita si manifesta: perché essa ti precede e ti oltrepassa. Non dipende da te, anche se ha bisogno anche di te.
Il tuo compito è solo di seminare, e poi rimetterti in contemplazione di ciò che, quando si manifesta, lo fa per grazia, non perché lo decidi tu.
Non sta a noi far germogliare. A noi sta seminare. E avere fiducia. Perché anche se oggi non vedi nulla, persino quando avrai perso le speranze di vedere qualcosa, stai sicuro che Dio sa bene quando è il tempo giusto perché ciò che hai seminato germogli. Nella tua vita, come in quella di coloro che ami.
Una mattina ti alzerai e scoprirai che il miracolo è avvenuto.
Come, nessuno lo sa.
Continua a seminare e poi lascia andare. Perché la gioia non sta solo nel vedere il frutto: la gioia sta nell'aver fatto la nostra parte, sapendo che questo era tutto ciò che ci veniva chiesto.
Perché la primavera prima o poi torna sempre. Che tu ci pensi o no.

sabato 23 gennaio 2021

L'INCOERENZA E' LA VIRTU' DEI DEBOLI - Elogio di un "difetto" e della sua speranza nascosta


volte capita che gli uomini, anche quelli di fede, facciano della coerenza una virtù in sé, unico metro per misurare quanto una persona sia corretta o meno rispetto a un dato modello di perfezione (generalmente astratto e irraggiungibile) che provoca la frustrazione e il dolore di molti, e in base al quale ci si permette di giudicare chi è meritevole di plauso e chi no.

A me ha sempre incuriosito invece come la coerenza non sia nominata in nessuno degli elenchi delle virtù evangeliche: né cardinali, né teologali, e nemmeno tra i doni o i frutti dello Spirito Santo.

Perché? Perché Dio sa bene come siamo fatti.

L'incoerenza è una componente costitutiva dell'essere umano, strettamente connessa a una delle sue capacità più fondamentali: quella di cambiare.

Noi la guardiamo sempre dal punto di vista di chi "predica bene, ma razzola male" e non ci soffermiamo mai sul fatto che si può anche "predicare male e razzolare bene", come nella parabola dei due figli, di Matteo. (Mt 21, 28-31)

Certo, forse sarebbe meglio fare bene entrambe le cose, predicare e "razzolare", ma dal momento che nella mia esperienza le persone che guardano alla coerenza come a una virtù, sono anche le stesse più crudeli nel giudicare la debolezza altrui, non è detto che dietro a tale "virtù" più spesso non si nasconda un desiderio di perfezionismo che puzza di orgoglio e che ricorda tanto un idolo.

La verità è che nella possibilità dell'uomo di essere incoerente sta anche la sua speranza di essere migliore. Perché, se fossimo sempre coerenti con noi stessi, dovremmo anche restare sempre coerenti col male che commettiamo. 

L'incoerenza infatti è il fondamento e l'unico presupposto che rende possibile la conversione. 

Se San Francesco fosse stato coerente, sarebbe rimasto a gestire l'azienda di famiglia, o forse sarebbe morto in guerra.

Se San Paolo fosse stato coerente sarebbe morto assassino.

Se San Pietro fosse stato coerente, la Chiesa non esisterebbe.

Nessuno fra coloro che hanno seguito Gesù ha mai brillato per coerenza nella propria vita.

In fondo Hitler è stato uno degli uomini più coerenti della Storia, eppure non mi pare che questo sia stato un bene per l'umanità.

L'unica coerenza cui (forse) possiamo aspirare umanamente è quella delle intenzioni: del riconoscere la Verità sempre, anche quando non riusciamo a viverla, senza smettere di chiamare il male, "male", e il Bene "Bene". Solo così il nostro parlare sarà "se sì, sì, se no no" (Mt 5, 37). Quanto all'agire, infatti, sarà Dio a fare ciò che noi non possiamo fare da soli.  Il resto, si sa, viene dal diavolo.

A noi non è chiesto di essere coerenti. A noi è chiesto di provare a fidarci dal fatto che Dio ci ama con tutta la nostra incoerenza. 

Quel "pace in terra agli uomini di buona volontà", che purtroppo non sentiremo più a messa, era di questo che parlava: pace in terra agli uomini che ci provano


Pace in terra a chi si fida di Cristo più che delle sue forze. 
Pace in terra chi oggi ce la fa e domani no.
Pace in terra a chi non si arrende per questo.
Pace in terra a chi ricomincia sempre.

E' il provarci che dà pace, non il fatto di riuscirci. Provare a credere che esista un Dio che non misura i risultati, e nonostante questo si fida della nostra possibilità di cambiare, scegliendo di lasciarci amare da Lui. Solo l'incoerenza infatti rende evidente la gratuità dell'amore di Chi ci ama sapendo che prima o poi Lo tradiremo di nuovo, e nonostante questo non resta mai deluso. 

In fondo, quando riceviamo il perdono, e proprio su questo che Cristo
conta: su quella incoerenza che ci ha fatto allontanare da Lui.

La stessa grazie alla quale ancora una volta a Lui potremo tornare.